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Supply Chain Management:
la gestione del rischio in modo agile e fluido

Cosa significa gestire la Supply Chain in modo agile e fluido?

Gestire la Supply Chain in modo agile e fluido significa che le aziende devono non solo imparare a promuovere e gestire fasi periodiche di cambiamento, ma anche attrezzarsi per sopravvivere e prosperare in un mondo fluido, in perenne trasformazione.

Gli eventi straordinari che hanno caratterizzato gli ultimi anni dimostrano che non è tanto importante migliorare la capacità di prevedere che cosa succederà, quanto piuttosto sviluppare una maggiore agilità organizzativa, essere in grado di gestire il rischio in maniera adeguata, attrezzarsi per essere pronti ad affrontare e trovare rapide ed efficaci soluzioni ad eventi avversi, che si tratti di una crisi sanitaria globale, di una emergenza di sicurezza internazionale, di aumento drastico e repentino nei costi della logistica o di carenza di materie prime chiave.

La gestione della Supply Chain riveste un ruolo cruciale. Il modello statico della globalizzazione, divenuto ormai lo standard degli ultimi trent’anni, ha portato alla formazione di catene molto lunghe, rigide, basate sul principio del costo di acquisto minore possibile.

Questo modello, giustificato dalla stabilità geopolitica ed economica che garantiva una grande prevedibilità dei flussi, dei prezzi, dei trasporti e delle condizioni di scambio, non è oggi più percorribile: gestire la Supply Chain nel mondo del business fluido significa vivere in un ambiente in cui la stabilità è l’eccezione e il cambiamento delle condizioni al contorno è la regola.

Le crisi recenti e gli eventi straordinari degli ultimi anni hanno messo sotto stress i processi di Supply Chain, ponendo in luce aree di debolezza strutturali e rendendo inevitabile un cambio radicale nel processo.

Come migliorare la Supply Chain?

Per i produttori europei, avere lead time di approvvigionamento che durano mesi, spesso in modalità single sourcing, con pianificazioni molto lunghe e con poca o nulla capacità di assorbire variazioni della domanda, significa non riuscire a rispettare le consegne verso i clienti, oppure, nei casi migliori, dover assorbire aumenti dei costi interni senza possibilità di scaricarli a valle.

Il business fluido richiede una Supply Chain più corta, multi-sourcing e strutturata più come una rete che come una singola filiera. È forte l’impressione che il mondo globalizzato sia al tramonto e che ci dobbiamo abituare a una nuova realtà fatta di macro-regioni, in cui l’Europa allargata ad est con incluso il bacino del Mediterraneo possa rappresentare una delle macro-regioni rilevanti.

La sfida della digitalizzazione della Supply Chain

Il cambio di paradigma della Supply Chain è imposto anche dalla digitalizzazione di tutto il processo di approvvigionamento, che presto cambierà le logiche della catena. In questa fase le aziende devono essere preparate ad avere sistemi informativi che coprano la Supply Chain in modo completo e sistematico, in maniera tale da avere almeno un set di indicatori chiave per la gestione del business.

L’esperienza, anche recente, di EIM insegna che in molti casi nelle aziende non c’è nemmeno un processo strutturato di S&OP. Solo dopo aver definito meccanismi che permettano al management di dirigere strategicamente il proprio business si potranno avviare iniziative di digitalizzazione più complesse, come l’utilizzo del big data analytics per valutare rapidamente:

  • scenari di cambi di fornitura;
  • opportunità di investimenti produttivi in alcune aree del mondo;
  • riprogettazione dell’intero footprint produttivo.

Si può usare l’approccio Control Tower; l’importante è che le informazioni siano allineate attraverso i sistemi e i processi: coerenti, uniche e significative.

Quali variabili occorre mettere sotto controllo?

I tempi, i costi, l’efficienza del processo attivato dalla Supply Chain sono legati a una serie di variabili:

  • la qualità dei componenti forniti;
  • flessibilità della gestione della catena di fornitura e quindi la possibilità di variare le quantità acquistate più a ridosso della consegna;
  • le opzioni di Vendor Managed Inventory, che permettono di condividere con il fornitore il rischio di inventario;
  • i dazi applicabili in funzione del footprint attuale e prospettico delle destinazioni dei prodotti acquistati;
  • i vincoli normativi, come le restrizioni alla reimportazione del prodotto finito in alcuni paesi in certi ambiti.

Ad esse si affiancano poi alcune variabili legate al livello di servizio, di tipo:

  • logistico (puntualità, completezza, tempi di consegna);
  • diretto al prodotto (per esempio l’inclusione di fasi di lavorazione successive);
  • commerciale;
  • amministrativo (termini di pagamento).

Il governo di queste variabili dipende fortemente dalla capacità dell’azienda di adottare un modello di gestione di tipo misto, per unire aspetti qualitativi e quantitativi e di relazione lungo tutta la filiera.

Questo porta al concetto di Total Cost of Ownership. Trasporti, dazi, costi, valuta, servizio, conoscenza tecnologica sono tutti fattori che possono vanificare gli sforzi e ridurre la convenienza economica se non vengono gestiti uniformemente.

Total cost of ownership della catena di fornitura

Il risultato più evidente di questa trasformazione è che è ormai imperativo ragionare sul Total Cost of Ownership. Le aziende devono ristrutturare la rete di fornitori per considerare – oltre al costo di acquisto – tutte le variabili che possono essere inserite nel TCO.

Una su tutte, partnership e co-development: i fornitori sono parte della nostra catena del valore e quindi devono sempre più essere coinvolti all’inizio dei progetti di sviluppo per estrarre valore e conoscenza che può essere di aiuto per sviluppare prodotti migliori.

Non si può più gestire il parco fornitori in un’ottica puramente transazionale, legata esclusivamente alla convenienza immediata del “quanto mi costa e quando me lo dai”.

Anche i temi di sostenibilità ambientale e sociale devono essere inseriti nel Total Cost of Ownership. La valutazione degli impatti ESG va sempre affiancata al calcolo del TCO. Se non è possibile effettuare una valutazione quantitativa all’interno del TCO, è comunque necessario fare una valutazione qualitativa che metta in luce i rischi e le opportunità, che devono comunque essere valutati per ogni fornitore. L’uso della blockchain consente ai clienti di avere contezza di tutti gli anelli della catena di fornitura: se anche uno solo non rispetta criteri corretti sui temi legati a “Environment, Social and Governance”, l’intero processo può andare in sofferenza.

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