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Innovazione: l’approccio EIM per competere nell’era digitale

L’innovazione non è, oggi, un’opzione facoltativa per le aziende che affrontano i mercati globali: bisogna perseguirla per non rimanere tagliati fuori dal mercato. Innovare significa adeguarsi ad una serie di cambiamenti inesorabili, innanzitutto competitivi e di mercato ma anche tecnologici, produttivi, organizzativi, culturali e vivere questi cambiamenti anche con un ruolo da protagonisti, non soltanto in reazione. Per rimanere competitivi non è più sufficiente migliorare i prodotti e i processi esistenti: siamo in un’era di trasformazione, accelerata anche dalla spinta della digitalizzazione, che coinvolge i prodotti, i servizi e i processi ridisegnando da zero interi modelli di business tradizionali e premiando sempre di più le aziende che si dimostrano realmente innovative.

Bisogna osare, quindi.

L’innovazione in azienda dev’essere replicabile e pianificata in maniera continua e affidabile. Occorre un processo e un mindset che coinvolga e motivi tutte le risorse che fanno parte dell’organizzazione per costruire un ambiente capace di accogliere il cambiamento e poi scaricarlo a terra.

La grande corsa verso la digitalizzazione

Da un punto di vista strettamente tecnologico, la digitalizzazione è sospinta da una varietà di invenzioni, che vanno dall’intelligenza artificiale all’Internet of Thing, dalla robotica avanzata alla blockchain, ma anche da nuovi materiali e da nuovi processi che impattano con forza sulla produttività e su tutte le dinamiche organizzative delle aziende di ogni dimensione.

Oggi la parola “innovazione” è abusata, ma esiste ancora un grande divario tra teoria e pratica. Perché tante imprese, nei fatti, non hanno avviato ancora un vero processo di innovazione aziendale? Perché spesso si accontentano dei prodotti e dei servizi che già propongono al mercato e, temendo di perdere guadagni di breve e di cannibalizzare l’esistente, non investono abbastanza in ricerca e nuove idee. O perché dispongono di persone e cultura interne avverse al rischio o non hanno ancora sviluppato un modello chiaro che supporti l’innovazione costante.

Grazie alla sua esperienza trentennale e alla sua rete di manager selezionati per l’esperienza, la versatilità e la capacità concreta di “far succedere le cose”, EIM è in grado di supportare le aziende elaborando e mettendo in opera un piano di innovazione digitale dell’impresa.

Nessun leader di impresa alla domanda se la sua azienda sia o meno innovativa risponderà di no, ma l’innovazione non è un fatto di opinioni o punti di vista. Ci sono diversi indicatori che misurano in maniera più o meno oggettiva quanto un’azienda sia davvero innovativa, una serie di evidenze misurabili sia in termini di investimento sia in termini di capitale umano messo a disposizione.

Innovare in azienda vuol dire rischiare

L’innovazione è un rischio, ma nell’esperienza di EIM sono molti i casi in cui a gettare un salvagente ad aziende in situazioni di difficoltà di mercato sia stata proprio la decisione di impostare una vera strategia di innovazione. Un investimento intelligente e lungimirante.

L’avvio di un piano di innovazione aziendale richiede di solito capitale dell’impresa. È difficile poterlo finanziare con strumenti classici di debito pubblico o privato per le intrinseche caratteristiche che ne fanno un’attività i cui ritorni non sono mai certi. L’innovazione costa ed è raro che si riesca a finanziarla nel lungo periodo con strumenti esterni: è un problema che si può superare solo reinvestendo parte degli utili dell’impresa o direttamente dell’imprenditore di tasca propria sulle nuove idee, sulle tecnologie e sui processi di innovazione interni ed esterni.

Volendo stabilire un parametro di riferimento, la misura media calcolata da EIM da allocare come quota di investimenti rilevanti alla ricerca di base e all’innovazione si aggira tra il 10 e il 30% del budget R&D in funzione anche della tipologia di industry e del contesto competitivo di riferimento.

Il valore della “diversity”

L’impresa innovativa deve disporre di competenze e figure professionali adatte e qualificate, collaboratori con culture e discipline diverse, oltre che con una competenza tecnologica sempre aggiornata, che possano vantare percorsi professionali internazionali e che compongano tra loro un mix anagrafico differenziato. La diversità di genere e di provenienza è sempre un presupposto per il rinnovamento ed è terreno fertile per produrre opinioni, idee, confronti, “caos creativo” da cui possono nascere le innovazioni.

Perseguire soltanto processi ben affilati, progettati per massimizzare l’efficienza, avere in azienda solo persone che padroneggiano l’esperienza specifica, la ripetitività delle attività e degli obiettivi, un team R&D costituito da ottimi tecnici “anziani”, poco aperto a stimoli nuovi ed esterni e costantemente autoreferenziale, potrà produrre un’azienda ben ‘lubrificata’, ma rende difficile diventare abili nella sperimentazione e nella ricerca di nuove idee.

Le aziende sono spesso piuttosto innovative quando sono giovani o quando vengono contaminate costantemente da stimoli e cross-fertilization.

Mettere a terra l’innovazione : il valore aggiunto di EIM

L’innovazione è per il 10% creazione e per il 90% esecuzione. Il vero scoglio per chi vuole proporre innovazione tecnologica in ambito aziendale non è tanto quello di concepire idee, quanto il saperle valutare, gestire e poi metterle a terra, attivando su di loro un processo “industriale” per costruire un’offerta di valore per il mercato o per produrre un salto di performance nei processi interni. Mentre la fase di ideazione è intrinsecamente caotica per le sorgenti creative e la molteplicità delle ondate, le modalità di ispirazione, l’incertezza, le diverse iterazioni, i loop con il mercato e gli utenti, le ricerche e le sperimentazioni, i processi di sviluppo e industrializzazione vanno comunque organizzati in modo veloce e con ordine.

EIM, nella sua esperienza, è in grado di fornire il suo know how e scegliere la strategia migliore, volta per volta, per mettere a terra l’innovazione, favorendo l’attivazione di processi che non implicano necessariamente un cambiamento organizzativo radicale dei business e delle operations correnti dell’azienda, ma che apportano i necessari cambiamenti specifici attraverso la creazione di team e risorse dedicate – business developer, project manager, esperti di settore e tecnologie, steering group – che possono operare in modo trasversale alle funzioni o come una organizzazione ‘ombra’ dedicata alla innovazione.

I modelli con cui si mette a terra l’innovazione sono sostanzialmente due: quello che prevede diversi gate e fasi e quello noto con il nome di “Lean Start Up”. Il primo modello prevede che ogni nuova idea attraversi un processo ben standardizzato di fasi, nelle quali l’innovazione deve essere via via esplorata e arricchita di attributi e al termine di ogni fase è previsto un gate decisionale basato su criteri pre-definiti. Nel caso in cui la valutazione sia positiva, l’idea avanza verso la fase successiva del processo e riceve i fondi aggiuntivi necessari. La metodologia “Lean Start Up” punta invece a sviluppare prodotti e business nuovi muovendosi molto più rapidamente dall’ideazione alla validazione, testando le assunzioni e il valore atteso dell’innovazione nella pratica reale, nel gradimento o nell’uso degli utenti, per ridurre il rischio di investire su cose che poi il mercato non riconosce.

Non necessariamente il secondo modello è migliore del primo. La strategia a fasi funziona in situazioni nelle quali l’innovazione è più push, spinta dalla tecnologia, in un contesto altamente prevedibile, per esempio tipicamente nei settori maturi dei macchinari o della componentistica meccanica B2B. La “Lean Start Up” ha un approccio molto più pull, ovvero guidato e orientato al mercato e funziona bene nei settori dove c’è elevata volatilità, incertezza della domanda, cicli di prodotto rapidi.

Non si tratta soltanto di processi di esecuzione agili e ben strutturati: occorre anche una visione e cultura innovativa dell’azienda, sostenuta a tutti i livelli dell’organizzazione – dal top management fino all’ultimo dipendente – e uno spirito di gruppo aziendale che faccia della partecipazione, intraprendenza e condivisione un valore di fondo e un punto essenziale della strategia.

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