Aziende familiari: l’importanza di sapersi affidare ai manager
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Matteo Lunelli, Presidente e CEO di Ferrari Trento
Diventare manager in un’azienda familiare viene talvolta percepito come un incarico di secondo piano, subordinato alle dinamiche interne alla famiglia. Eppure, proprio la capacità di integrare professionalità esterne all’interno di un contesto valoriale solido può rappresentare un fattore determinante per affrontare mercati complessi e in continua evoluzione.
Qual è allora il giusto equilibrio tra governance familiare e management professionale? E in che modo la contaminazione di competenze può sostenere l’eccellenza e l’innovazione, senza tradire la tradizione?
Matteo Lunelli, Presidente e CEO di Cantine Ferrari, racconta la sua visione e l’esperienza di un’impresa che ha saputo crescere restando fedele ai propri valori, nel contributo “Aziende familiari: l’importanza di sapersi affidare ai manager”, all’interno del libro Gestire il Business Fluido, scritto dai Partner EIM e pubblicato da Hoepli.

Le Cantine Ferrari sono state fondate da Giulio Ferrari, che nel 1902 avviò una piccola produzione di bollicine Metodo Classico in Trentino. Non avendo figli, nel 1952 scelse mio nonno Bruno Lunelli come successore per portare avanti il suo sogno. Io faccio parte della terza generazione della mia famiglia attiva in azienda e il nostro obiettivo è innovare nel rispetto della tradizione e dei valori che hanno reso grande Ferrari.
In oltre un secolo di storia l’azienda è cresciuta molto, rimanendo un’impresa familiare ma attraendo manager esterni e facendo crescere un team di talenti che condividono con noi i valori che hanno reso grande il Ferrari. È stato quindi importante disciplinare il rapporto tra famiglia e impresa, in modo tale che la famiglia sia al servizio dell’impresa e non viceversa.
Pur essendo un’azienda che in settori diversi dal vino sarebbe considerata medio-piccola, le Cantine Ferrari hanno la necessità di vendere e comunicare i propri Trentodoc su mercati globali e, posizionandosi come un marchio di alta gamma, devono dimostrare eccellenza non solo nel prodotto ma in tutti gli aspetti del marketing, della comunicazione e, in generale, nei confronti di tutti i propri stakeholders. Il contesto attuale è inoltre particolarmente complesso perché mai come oggi stiamo assistendo a repentine trasformazioni tecnologiche e culturali, oltre che nelle abitudini di consumo.
Si tratta di sfide che possono essere affrontate solo con un team adeguato in termini di skills e conoscenze e attraverso un’organizzazione capace di motivare tutti i collaboratori e di farli giocare come una squadra unita e coesa. È inoltre importante aumentare il livello di delega per permettere ai manager di esprimere le proprie capacità e facilitare il cambiamento.
Nel corso degli ultimi anni è stato inoltre utile coinvolgere manager con esperienze in settori diversi dal vino per stimolare approcci innovativi in tutte le aree. Io credo molto nella contaminazione positiva con altri settori dell’eccellenza del made in Italy e, soprattutto, nella possibilità di ispirarsi a best practice, per esempio del mondo della moda, della cosmetica e del design ma anche di altri segmenti del “beverage” o degli “spirits”. Il mondo del vino tende infatti a essere molto tradizionale e talvolta omologato: avere nuove idee e, soprattutto, nuovi approcci per noi è stato un fattore critico di successo negli ultimi anni, pur senza tradire i nostri valori.
Nel complesso noi crediamo che l’uomo sia al centro dell’impresa e che i progetti possano avere successo solo se voluti, condivisi e portati avanti da un team coeso e appassionato. “L’eccellenza non è un atto ma un’abitudine” e, nel vino in particolare, è il frutto di tante idee e di tanti piccoli passi e gesti compiuti da un’intera squadra giorno dopo giorno.
La famiglia sarà sempre garante di alcuni valori e sarà sempre coinvolta nelle decisioni strategiche di lungo termine, ma la gestione aziendale deve essere delegata a un team di manager che deve avere un riferimento chiaro con cui interloquire. In taluni casi un azionista, membro della famiglia, può ricoprire una posizione nell’organigramma ma, in tal caso, è fondamentale che distingua sempre il proprio ruolo di manager da quello di socio.
Quando il rapporto tra famiglia e impresa riesce a essere equilibrato ed è regolato e disciplinato adeguatamente, penso che un’azienda familiare sia in grado di attrarre e dare adeguato spazio alla crescita di manager capaci e possa quindi essere un modello di successo.
Nel vino, in particolare, essere un’azienda familiare porta anche un vantaggio competitivo rilevante legato alla capacità di una famiglia di avere obiettivi di lungo termine e di essere per il consumatore il garante della qualità del vino e ambasciatore della marca.