Seleziona una pagina

Le aziende devono puntare alla massima efficienza operativa

Affrontare la complessità, ridurre la variabilità

Aumentare la produttività, contenere le spese. Per le aziende puntare alla massima efficienza produttiva e operativa significa migliorare processi aziendali esistenti per fare sì che a parità di mezzi utilizzati, e quindi di costo, si possa ottenere una maggiore produzione e l’ottimizzazione dei processi produttivi oppure che a parità di produzione o allo stesso livello di servizio si possano minimizzare le risorse per ottenerla.

Raggiungere, cioè, la più alta performance possibile nei processi per ottimizzare le risorse utilizzate e quindi per ottimizzare la produzione e i costi. Facile a dirsi, certo, e non impossibile a farsi. A patto che l’adozione di specifiche modalità di produzione e di nuovi programmi di gestione risponda a criteri misurabili e coerenti.

Un buon manager deve essere in grado di capire quando utilizzare gli strumenti a sua disposizione, come mixarli e in che modo applicarli a seconda del contesto in cui si trova a operare, a partire da tre elementi di base:

  • i dati, perché il miglioramento deve essere misurabile e non rimanere un’opinione;
  • il metodo, che dev’essere chiaro e condiviso attraverso una serie di passi predeterminati;
  • un approccio culturale che coinvolga tutti coloro che quotidianamente condividono il lavoro.

Minimizzare le cause che mettono in crisi un modello produttivo

Non esiste una ricetta magica per ottimizzare i flussi produttivi e l’organizzazione di fabbrica. Spesso il miglior modo di fare efficienza operativa in uno stabilimento è intervenire sui flussi: rivedere la logistica dei materiali, l’organizzazione del lavoro e delle squadre, la metodologia di pianificazione.

Ridisegnare alcuni meccanismi all’interno dei processi produttivi è uno strumento potente, perché l’utilizzo della nuova modalità di lavoro diventa una necessità che coinvolge le persone, a patto che un bravo direttore di stabilimento convinca tutta la struttura produttiva della bontà di tale cambiamento: se lo impone e basta, senza spiegazioni, discussione e accettazione, non c’è tecnica che tenga.

Nessuna tra le tante tecniche esistenti, presa da sola, si adatta a ogni tipo di sistema produttivo reale. L’unico approccio possibile è lavorare per identificare e minimizzare le due cause che, invariabilmente, fanno entrare in crisi un modello produttivo, di qualunque genere:

  • la complessità, cioè il numero di prodotti da realizzare all’interno di uno stesso sistema;
  • il numero di componenti di tali prodotti;
  • il numero di operazioni necessarie a trasformare tali componenti in prodotto finito;
  • la variabilità, ovvero la frequenza e la portata dei cambiamenti che noi richiediamo o imponiamo al nostro sistema produttivo. Questi due driver di miglioramento sono applicabili a qualunque sistema, produttivo e non.

Ottimizzazione dei processi produttivi: come affrontare la complessità

Per quanto riguarda gli interventi da compiere per moderare la complessità, la prima azione da considerare è l’analisi e la revisione del portafoglio prodotto.

Nel caso di grandi industrie si può anche ricorrere al concetto di “focused factory”: dividere la produzione, secondo la tipologia di prodotto, in serie standard con grandi volumi organizzate su linee continue a forte capacità produttiva, affiancate da un sistema riservato alle piccole produzioni.

Utile allo scopo è anche lo spostamento della complessità a valle del sistema produttivo, nel punto più vicino possibile al cliente finale. Questa tecnica consente di semplificare almeno una parte della catena produttiva e quindi di massimizzare l’efficienza aziendale: un esempio classico è il “postponement”, cioè la differenziazione finale del prodotto secondo la richiesta del cliente eseguita più a valle possibile.

Migliorare l’efficienza produttiva: come ridurre la variabilità

Per quanto attiene al tema della riduzione della variabilità in un sistema produttivo, bisogna concentrarsi sulla capacità produttiva, il tempo delle consegne e l’inventario.

I primi due fattori –  capacità e tempo – in genere si autoregolano, con il risultato che ogni aumento della variabilità rischia di scaricarsi sull’inventario, che tipicamente le aziende non sono abituate a controllare.

Quindi l’unico modo per far emergere la variabilità è quello di mettere un limite all’inventario in un dato momento: è per questo che qualunque sistema pull di produzione efficiente ha una sua superiorità intrinseca rispetto alle organizzazioni push, a prescindere dalla tipologia pull utilizzata (come quelli chiamati Just in Time, Kanban, Conwip).

Le pratiche più efficaci

Qualunque sistema pull garantisce una riduzione della variabilità, ma due pratiche semplici e immediate, in maniera combinata, possono risultare particolarmente efficaci: la “gestione del supermercato”, che non è altro che uno scaffale a posti predeterminati per l’inventario di processo, e la “FIFO Lane”, o “flusso teso”, che rispecchia la linea di assemblaggio dell’automotive.

Schematizzando qualunque processo produttivo attraverso questi due semplici strumenti, l’inventario non supererà mai una certa soglia: si utilizza in prima istanza la FIFO Lane, mentre si opta per il supermercato nei casi in cui il processo produttivo si divarica, si riunisce, cambia dipartimento oppure variano le quantità dei lotti.

Ulteriori interventi sul miglioramento dei flussi produttivi possono essere raggruppati in due grandi categorie: riduzione della variabilità intrinseca oppure aumento del buffer di capacità a costo zero.

Tra gli esempi della prima categoria possiamo citare l’utilizzo delle linee di assemblaggio diritte con operatori a postazione fissa, l’utilizzo di tecniche di Poka-Yoke (con l’introduzione di limiti fisici per minimizzare l’errore umano), l’adozione di metodologie di TPM (Total Productive Maintenance), il miglioramento della qualità dei componenti in ingresso.

Come esempi di aumento del buffer di capacità o tempo a costo zero c’è l’implementazione del layout di fabbrica con isole di lavorazione a U (cellular manufacturing), la creazione di lavoratori cross skilled, l’adozione di tecniche di riduzione dei tempi di set-up (SMED), l’utilizzo di lead time variabili.

Aumento dell’efficienza in produzione: i benefici misurabili di questi interventi

Agire sulla riduzione di complessità e variabilità ha un beneficio diretto e misurabile sull’efficienza operativa di un processo o di un sistema produttivo.

Sono due dimensioni fortemente legate fra loro: la variabilità all’interno di un sistema molto complesso, infatti, si propaga più velocemente e ha un impatto più dirompente.

Incanalare il processo, misurarlo, ridurre la complessità, renderlo ripetibile significa lasciare meno spazio alle iniziative individuali. Questo non deve certo mortificare le abilità di coloro che fanno parte dell’organizzazione.

Ma se si riescono a prevedere i risultati di vendita attraverso un processo commerciale ripetibile, allora sarà possibile preparare una domanda di produzione più accurata e quindi aiutare le altre funzioni aziendali ad aumentare la loro efficienza di produzione, ottenendo un miglioramento generale a livello di azienda. Con benefici per tutti.

EIM, da oltre 30 anni, supporta i propri clienti nel disegnare e mettere in pratica i propri percorsi di cambiamento mettendo in campo risorse altamente qualificate capaci di far cogliere alle aziende quelle opportunità di crescita, sviluppo e mantenimento di vantaggio competitivo rispetto ai propri competitor.

Per conoscerne tutti i dettagli e scoprire di più sull’approccio che EIM adotta per migliorare l’efficienza aziendale