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Organizzarsi per il futuro e la Leadership del cambiamento

WORKSHOP | 14 MARZO 2023, MILANO

Cogliere la sfida della competitività e dare continuità a un percorso di crescita profittevole, pur nell’incertezza di un contesto di mercato complesso e condizionato da insidie esterne, da eventi dirompenti imprevedibili e dall’affacciarsi sul mercato di nuovi attori e di nuove tecnologie. Per raggiungere questo obiettivo le aziende, dopo aver definito la strategia e l’innovazione, devono verificare con attenzione se e come l’organizzazione, le persone che ne fanno parte e il sistema operativo a loro disposizione siano in grado di seguire, sostenere e mettere in atto i cambiamenti pianificati.

Per comprendere come le aziende italiane stiano operando queste scelte, su quali modelli di funzionamento si stiano orientando, quale stile manageriale vogliano adottare e che tipo di leadership prediligano, EIM Italia ha organizzato un workshop che ha messo a confronto manager e dirigenti che, nei diversi settori di appartenenza, hanno potuto scambiare opinioni ed esperienze su questi temi. Il dibattito è stato preceduto dalla presentazione della survey che EIM Italia ha svolto su un campione di 160 persone, in prevalenza CEO e responsabili HR, in cui si evidenzia, tra le altre cose, come digitale ed ESG siano percepiti come i driver più importanti di cambiamento per i prossimi anni, mentre i maggiori limiti sono nei modelli di funzionamento delle organizzazioni e nella gestione dei talenti, soprattutto per le realtà di grandi dimensioni.

“Le aziende italiane – ha spiegato nell’introduzione Vincenzo Natile, partner EIM – sono spesso perfettamente in grado di pianificare il futuro, ma non sono altrettanto abili a programmare piani evolutivi per l’organizzazione e le competenze. Il contesto impone un cambiamento imminente dei sistemi operativi e di funzionamento delle aziende e delle persone chiave in azione. Almeno quattro aree sono coinvolte: la cultura e i valori dell’azienda; la leadership e lo stile manageriale; i modelli organizzativi, i processi e le relazioni tra le persone e le funzioni, le tecnologie per lavorare e comunicare; la gestione dei talenti, delle nuove competenze e la transizione delle vecchie”.

Secondo la visione di Annalisa Stupenengo, Independent Non-Executive Prysmian Board Member e Former Coo IVG, “la crisi pandemica non ha investito solo qualcuno, come quella del 2009. Il Covid ha fatto capire che viviamo tutti nello stesso mondo e che nell’industria attuale, come un sistema di vasi comunicanti, un caso del genere influenza in modo interdipendente tutti”. Nel momento di crisi è il gruppo, l’interfunzionalità che fa muovere la macchina. Le crisi spingono le organizzazioni a mettere a fattore comune competenze diverse. “In una logica funzionale, quando c’è un problema si cerca l’esperto e se non lo si trova spesso si rinuncia o si fatica a risolverlo. La piattaforma invece, è quell’ambiente in cui, si confrontano competenze che apparentemente non servono, ma che contaminandosi fanno emergere opportunità e vedere soluzioni che altrimenti non si coglierebbero”.

Per Gianmario Verona, presidente della Fondazione Human Technopole, “la survey realizzata da EIM attesta che c’è una consapevolezza dell’importanza dei due principali trend, ESG e digitale. Queste due questioni sono un’occasione per tutti di innovare il proprio business model, anche passando da una concezione fordista della divisione del lavoro ad un modo più orizzontale per gestire i problemi. Siamo nel mezzo di una rivoluzione industriale. Un momento storico fantastico, se vogliamo. Ma dobbiamo imparare a metterci in discussione e ridefinire gli ambiti organizzativi”. L’età media degli amministratori delegati delle aziende italiane, però, è ben sopra i cinquant’anni. Come fa un’azienda a riconoscersi in persone che hanno vissuto un modello completamente diverso? “Non esiste un vestito per tutte le stagioni – ragiona Andrea Milletti, Country Manager di Coopervision Italia – ma se non si cambia si finisce fuori. La sopravvivenza è una bella molla per rimettersi in discussione, e per farlo efficacemente è importante studiare e ascoltare. Noi abbiamo reso sistematico un sistema continuo e strutturato di ascolto che aiuti i leader a capire le esigenze e le richieste dell’organizzazione”.

Di fatto, quel cambio di paradigma teorizzato ed evocato a lungo negli anni scorsi è diventato una realtà imprescindibile dopo il 2020. “In passato – ricorda Giuseppe Longo, Former HR Director CNH Industrial Italia e Iveco Group – l’importante era essere il più vicino possibile al modello di leadership del “capo”. Ora la leadership diventa molto più di contesto e di relazione per la gestione della complessità, e le informazioni sono fluide, trasversali e condivise. Il modello di leadership classico sceglieva i talenti con una visione top-down, ora è il contesto che sceglie i talenti e dà loro visibilità”. Certo, non è così facile la transizione verso una nuova impostazione organizzativa. “È un percorso complesso – secondo Carmine Perna, amministratore delegato di Mondadori Retail – siamo nati in un modello a silos e forse moriremo in silos. La complessità e la velocità del business impongono in effetti un cambio di direzione, indicando alle persone di non occuparsi più solo di quello a cui erano assegnate in una logica funzionale, ma facendo della trasversalità la norma”.

Un nuovo assetto organizzativo, quindi, ma anche la necessità di tenere conto di alcune priorità che fino a pochi anni fa non toccavano più di tanto l’operatività delle aziende. “Si tratta di combinare – dice Gianmario Verona – i processi funzionali tradizionali con nuove strutture organizzative per progetto, per competenza, per obiettivo, in un modello cosiddetto “duale”, che consente di gestire le attività ordinarie e anche quelle nuove di cambiamento e innovazione in modo flessibile e adattivo”. I modelli fluidi e duali servono anche a trattenere i talenti.

“Mi sono trovato spesso a fare colloqui con giovani che avevano questa forte sensibilità”, racconta Andrea Milletti. “Prima di trattenerli, i talenti bisogna saperli attrarli. Dobbiamo essere competitivi sul mercato del lavoro, imparare a capire cosa realmente vogliono i giovani e poi saper offrire percorsi flessibili di crescita, ambienti dinamici e smart e piani di formazione. Da una recente indagine emerge che per un giovane è più importante in ufficio la qualità della connessione internet che i servici igienici”.

Carmine Perna e Giuseppe Longo sono d’accordo poi che non serve soltanto focalizzarsi sul 15-20% dei leader del futuro, ma il vero problema è cosa fare del restante 80% della popolazione in azienda da sviluppare e far evolvere. “Nel nuovo modello di leadership diffusa, il talento può scaturire a tutti livelli da un’ambiente che favorisce la crescita e la partecipazione. Tutti devono poter emergere condividendo un purpose ed un insieme di valori aggreganti”.

“Serve un salto di qualità del management delle aziende”, ha concluso Vincenzo Natile. “Il cambiamento e la riorganizzazione partono da un ripensamento della leadership e da un nuovo patto tra CEO e HR per affrontare le sfide in modo programmatico. Dalla discussione svolta e anche dai risultati della survey è chiaro a tutti che c’è tanto spazio per innovare. A fronte di un ampio riconoscimento dell’importanza e dell’urgenza del tema, il 70% delle aziende intervistate ha dichiarato di non avere ancora iniziative concrete in campo”.

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