“ESG – Environmental, Social, Governance e Competitività: Integrare Sostenibilità e Governance per favorire la Crescita”
Negli ultimi anni, i criteri ESG (Environmental, Social e Governance) sono diventati centrali nelle agende aziendali, andando ben oltre il mero rispetto normativo. Per approfondire come questi fattori si intrecciano con le strategie di crescita e la competitività, EIM ha riunito a Milano un panel selezionato di imprenditori, manager e accademici in occasione del workshop “ESG e Competitività: integrare sostenibilità e governance per guidare la crescita”.
L’incontro ha rappresentato l’occasione per analizzare il recente Decreto Omnibus, confrontarsi sui dati emersi dalla Survey EIM sulla maturità ESG e condividere esperienze aziendali concrete, con un’attenzione particolare agli impatti su governance, finanza, supply chain e brand positioning.
Il Decreto Omnibus: tra semplificazioni e proroghe
Il 26 febbraio 2025, la Commissione Europea ha presentato il Decreto Omnibus (DO), parte della strategia “Bussola per la competitività”. Le novità più rilevanti includono:
- L’obbligo di rendicontazione ESG solo per aziende con più di 1000 dipendenti;
- L’esonero dall’obbligo per l’80% delle imprese italiane;
- L’eliminazione degli standard settoriali in favore di un approccio più uniforme;
- Una proroga di due anni per adeguare i sistemi di reporting.
“Una boccata d’ossigeno, almeno per il momento”, lo definisce Luca Tamberi, CEO di FIMO Group, pur sottolineando che l’adozione delle politiche ESG resta una priorità strategica. Carlo Paris, Presidente del Comitato Sostenibilità ENAV, aggiunge: “Il Decreto semplifica, ma è fondamentale non perdere il lavoro e la cultura sviluppata finora.”
Livello di maturità ESG nelle aziende italiane: un valore strategico, oltre la compliance
La Survey EIM sulla Maturità ESG, a cui hanno risposto 266 partecipanti da diversi settori, conferma che le aziende italiane vedono nelle politiche ESG un valore strategico, non solo un obbligo.
Dai dati emerge, infatti, come la dimensione aziendale guidi lo sviluppo delle politiche ESG, ovvero il 42% delle aziende di piccole dimensioni (al di sotto dei 50 milioni di fatturato) si trovano ad oggi in una fase esplorativa, mentre il 64% di quelle di maggiori dimensioni (tra i 50 e i 250 mio di fatturato) hanno già attivato il percorso o si trovano in una fase piuttosto avanzata.
Come ha evidenziato Giorgio Barba Navaretti, Professore Ordinario Economia, Management e Metodi Quantitativi, Università degli Studi di Milano, “le regole guidano le strategie e spingono le imprese a evolversi”. Un concetto condiviso anche da Carlo Paris, che richiama la necessità di recuperare competitività europea puntando su innovazione, capitale umano e governance sostenibile.
ESG e filiera: il caso DALTERFOOD
Andrea Guidi, General Manager di Dalterfood Group, ha descritto un processo di integrazione a monte della filiera di produzione del Parmigiano Reggiano durato 25 anni: dall’acquisizione di due caseifici al coinvolgimento diretto degli allevatori dell’Appennino. “In un territorio fragile, le dimensioni sociale e ambientale si intrecciano. Se gestite con attenzione, diventano un vantaggio competitivo.”
ESG e brand positioning: dal B2B ai consumatori
Nel B2B, l’ESG è ormai parte integrante dei processi di due diligence. Maria Francesca Bergamaschi, Compliance & Sustainability Director di Brandart, ha evidenziato come “l’accountability ESG sia ormai leva strategica per la gestione del rischio e il posizionamento aziendale.”
Anche in aziende strutturate come Lavazza, i KPI ESG sono oggi determinanti per accedere a finanziamenti indicizzati. Veronica Rossi, Sustainability Senior Manager, racconta: “Le prime richieste ESG da parte dei clienti sono iniziate anni fa, oggi sono settimanali: questionari, audit, piattaforme. Senza questi adempimenti si rischia il delisting. I KPI su emissioni e packaging riciclabile sono solo alcuni degli indicatori richiesti e presentano il vantaggio di favorire una collaborazione cross-funzionale molto costruttiva. Al netto del Decreto Omnibus, il rispetto della CSRD porta ad avere una struttura più pronta per il futuro.”
A completare la visione di Lavazza, Sergio Cravero, Chief Marketing Officer, ha sottolineato l’evoluzione dal punto di vista del mercato: “Oggi il consumatore è sempre più sensibile alla sostenibilità, lo sono in particolare i giovani. Le private label rappresentano il 20% del mercato globale del caffè e crescono proprio grazie a un’offerta etica e sostenibile che rende imprescindibile l’adeguamento, per rimanere competitivi.”
ESG e credito: la selettività delle banche
Giorgio Barba Navaretti ha rilevato una crescente selettività nell’allocazione del credito: chi non riesce a gestire KPI ESG viene escluso. Un punto condiviso anche da Giovanna Giusti Del Giardino, Group Chief Sustainability Officer di Mediobanca, che aggiunge: “La CSRD è ancora vista come obbligo normativo, ma gli investitori valutano le performance ESG tramite rating specifici. Serve un cambio culturale e una governance dedicata.”
Il ruolo della governance: da cornice a motore del cambiamento
Nonostante il suo ruolo centrale, la governance ESG risulta ancora meno sviluppata rispetto alle dimensioni ambientale e sociale. Eppure, come ribadisce Luca Tamberi, “è da lì che parte il cambiamento. Tracciare i processi, creare cultura e ottimizzare i flussi porta benefici evidenti e immediati.”
Monica Mazzucchelli, Partner e Managing Director di Consulnet Italia e co-founder di Sircle Società Benefit, evidenzia come la governance debba agire da collante per superare logiche a silos: “Serve un approccio olistico che coinvolga tutte le funzioni.”
Costi e ritorni: la sostenibilità come leva di efficienza
I costi principali associati all’adozione dell’ESG riguardano persone, processi, tecnologia e value chain. Ma, come afferma Stefano Maneri, Founder e Sostainability Advisor di Sustainable Management, “i benefici sono misurabili: riduzione del rischio, brand equity, benessere interno, migliori performance.”
Il vero nodo è la misurabilità dei ritorni. Come osserva Giusti Del Giardino: “I sistemi di accounting non sempre evidenziano i saving. E nei CdA, le competenze ESG sono ancora limitate e spesso certificate solo formalmente.”
Competenze e cultura ESG: la strada da percorrere
Molte aziende, anche di grandi dimensioni, non hanno ancora processi strutturati né strumenti avanzati di monitoraggio. Il supporto di consulenti esterni è spesso il primo passo.
Il successo passa per una cultura aziendale condivisa, una governance chiara e strumenti che permettano di quantificare costi e benefici.
Conclusioni: ESG come motore di crescita
Il workshop ha confermato quanto l’ESG rappresenti oggi un driver competitivo fondamentale. Anche per i giovani, la sostenibilità è una leva nella scelta del datore di lavoro: “Nelle fasi iniziali dei colloqui i candidati si informano sull’impegno nell’ESG dell’azienda”, ha testimoniato una partecipante.
Nonostante un quadro normativo in evoluzione e percorsi talvolta faticosi nell’implementazione, emerge una visione chiara: l’ESG è qui per restare. Non va imposto, ma va guidato con buon senso, competenza e visione strategica. Perché la crescita di domani passa anche – e soprattutto – da qui.