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Reagire all’incertezza: capire, decidere, agire.

In un mondo in cui una crisi geopolitica può bloccare un porto, spezzare una supply chain o far rialzare i dazi in pochi giorni, la “normalità” non esiste più. Tra guerre commerciali, tensioni ai confini d’Europa, volatilità energetica e rivoluzione tecnologica dell’AI, le imprese non affrontano un’eccezione temporanea, ma una permacrisi che riscrive le regole del gioco, nella quale la gestione dell’incertezza aziendale è diventata una fondamentale competenza strategica.

Da questa consapevolezza è nato il Workshop EIM “Reagire all’incertezza”, costruito attorno a una domanda inevitabile: come si può non solo sopravvivere, ma consolidarsi e crescere mentre tutto intorno cambia di continuo?

La sfida non è resistere, ma costruire stabilità su un terreno mobile: modelli agili, decisioni rapide, capacità di trasformare gli shock in opportunità. Oggi il vero rischio non è sbagliare, ma restare immobili, mentre invece il mercato evolve.

Se ne è parlato in una tavola rotonda che ha visto la partecipazione di circa 30 top manager, che si sono confrontati anche sui dati emersi dalla Survey EIM lanciata presso la propria Community, che fotografa come le imprese italiane stiano reagendo alla nuova normalità e alla crescente complessità dei mercati.

Il taglio dell’incontro, divulgativo ma molto concreto, ha fornito l’occasione per focalizzare soprattutto sulle PMI italiane, che vivono in prima linea tensioni geopolitiche, fragilità delle catene di fornitura e pressione competitiva e che hanno bisogno di strumenti concreti per decidere come restare e crescere in questo nuovo mondo.

Permacrisi: condizione temporanea o nuovo paradigma?

La permacrisi è ormai riconosciuta come un fenomeno reale, ma può diventare un’opportunità. Quando gli schemi saltano, le aziende sono chiamate a ripensare prodotti, mercati e modelli di business, dotandosi di strumenti per accettare l’imprevedibilità e trasformare gli shock in crescita e valore.

La Survey EIM lo conferma: il 60% delle aziende ha rivisto il piano strategico negli ultimi 12 mesi, mentre un 23% non ha introdotto alcuna modifica, segnale di un immobilismo che rischia di essere pagato a caro prezzo in termini di competitività e posizionamento strategico.

Centrale è il ruolo della business intelligence per selezionare i dati rilevanti, leggere correttamente i mercati, rafforzare il risk assessment e prepararsi a reagire rapidamente alle crisi.  Una priorità riconosciuta dalle imprese: il 62% dichiara di utilizzare i dati nelle decisioni, anche se solo il 21% dispone di un processo di integrazione realmente strutturato.

In questo contesto, finanza e private equity assumono una posizione di rilievo, poiché una parte significativa delle transazioni globali coinvolge interlocutori finanziari. La finanziarizzazione tende però a imporre cicli brevi, non sempre compatibili con i tempi industriali: manca una vera logica di permanent capital. Diventa quindi decisiva l’analisi strategica su portafoglio prodotti, mercati e posizionamento. La liquidità esiste – anche per operazioni di dimensioni ridotte grazie ai club deal – ma occorre essere pronti quando il capitale arriva.

Reattività e velocità non bastano a prevenire ogni danno, ma rappresentano le pre-condizioni minime per restare competitivi. 

Come passare dalla reazione all’anticipazione

 

Le imprese che affrontano meglio l’incertezza sono quelle capaci di diventare proattive, non soltanto reattive.

  • Aziende più aperte, leggere, centrate sulle persone – L’organizzazione del futuro è meno gerarchica e più dialogica. L’innovazione nasce dalla front line, da chi intercetta i segnali deboli prima che diventino evidenti. La Survey ha mostrato che molte realtà stanno provando a muoversi in questa direzione: il 70% ritiene di avere una struttura sufficientemente flessibile per modelli di business più dinamici.
  • Valore interno inesplorato + lettura intelligente dei competitor – Capire cosa si ha “in casa” – prodotto, value proposition, posizionamento competitivo – è il primo passo per individuare spazi poco presidiati. Parallelamente, occorre un approccio “a ecosistema”: clienti, fornitori, partner e stakeholder come sensori estesi del mercato.

Processi decisionali più rapidi – Meglio muoversi e correggere la rotta che attendere la soluzione perfetta. Reattività e velocità non evitano ogni shock, ma rappresentano le condizioni minime per restare competitivi in condizioni di incertezza strutturale.

Governance: la sfida cultrale più complessa

Nelle PMI italiane persiste una forte concentrazione del potere decisionale.

L’imprenditore spesso accentra, si circonda di pochi interlocutori autorevoli e tende a rallentare i modelli di governance più evoluti.

La Survey conferma che il capitale umano è un punto di tensione: il 56% delle imprese ha ridotto o riorganizzato la propria struttura, ma non sempre questa evoluzione si accompagna a un reale rafforzamento delle competenze manageriali e decisionali.

La combinazione più efficace nasce quando l’imprenditore resta parte attiva della vita aziendale, mantenendo intuito e visione, ma si affianca a un management forte e autonomo, con ruoli e obiettivi chiari. Escluderlo è un errore, ma lo è altrettanto non chiarire ruoli e obiettivi. Va evitato che, al primo segnale di miglioramento, il desiderio di riprendere il controllo freni il percorso di rilancio.

Dopo aver innovato processi e prodotti, oggi è necessario innovare il pensiero: l’azienda deve diventare un luogo in cui i manager sanno ascoltare almeno quanto dirigere, una palestra che allena immaginazione e apertura

Perché molte aziende restano immobili

Anticipare significa tornare fisicamente sul mercato: visitare clienti, affiancare le funzioni commerciali, entrare in stabilimenti e cantieri. Il lavoro da remoto offre molti vantaggi, ma non sostituisce le intuizioni che nascono sul campo. Per comprendere davvero mercati e clienti – nel consumer come nel B2B – occorre andare oltre la prospettiva della scrivania e ascoltare chi vive i mercati ogni giorno: team commerciali, canali distributivi, strutture locali. A questa prossimità vanno affiancate competenze solide, accountability e deleghe chiare, mentre tutto il resto dell’organizzazione deve rimanere snello, fluido e ibrido.

L’elettrone ha battuto l’atomo

Oggi conta più l’intelligenza della materia. Il management deve dedicare tempo alle nuove idee, mantenere l’organizzazione viva, favorire un ambiente che si mette in discussione ogni giorno.

L’AI moltiplica i “sensori” esterni, ma i dati davvero cruciali sono quelli interni: quelli che mostrano dove l’azienda può competere e dove non è più in gioco.
Al centro restano le persone, che leggono i segnali, esplorano nuovi mercati e trasformano l’incertezza in un’occasione di riposizionamento e crescita aziendale.

Take-home message

1

La permacrisi è la nuova normalità: serve interpretare, non subire

Cicli più lunghi, segmentati e meno prevedibili richiedono una lettura sofisticata dei segnali, una selezione rigorosa dei dati e un risk assessment continuo. L’interpretazione strategica pesa oggi più della tecnologia.

2

La crisi genera opportunità per chi sa reagire e reinventarsi

Gli shock diventano leva di rigenerazione: permettono di ripensare prodotti, mercati, modelli di business e posizionamento. La velocità di risposta è la precondizione per non essere esclusi dal gioco.

3

Essere proattivi richiede organizzazioni aperte, leggere e data-driven

Le aziende devono valorizzare la front line, integrare culture e competenze diverse, adottare processi decisionali rapidi e strutture dedicate ai dati. Questo permette di identificare spazi competitivi reali – spesso di nicchia – e di anticipare il mercato.

4

La governance evoluta è una sfida culturale più che tecnica

Delegare, attrarre talenti, definire ruoli chiari e costruire una vera chimica tra imprenditore e management è essenziale. Innovare il pensiero è il passo successivo all’innovazione di prodotto e di processo.

5

Le persone rimangono il fattore critico del vantaggio competitivo

L’AI amplifica le possibilità, ma è la leadership operativa – ascolto, rapidità, immaginazione – a determinare la capacità dell’azienda di anticipare il mercato.

In un mondo che non smette di cambiare, la vera domanda non è se affrontare la permacrisi, ma come decidere di giocare la partita, adesso.

EIM continuerà ad accompagnare le imprese in questo percorso, aiutandole a trasformare instabilità e shock in leve di riposizionamento, crescita e valore.

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